Madonna del Castello

La storia di questa meravigliosa Icona, come ce la racconta Sebastiano Pisano Baudo, storico lentinese, inizia sulla spiaggia di Agnone di Augusta, a 40 km a nord di Siracusa, nel mese di Giugno dell’anno del Signore 1240. L'equipaggio di una “sciabica”, cioè un’imbarcazione per la pesca da strascico, si era dato appuntamento sulla spiaggia. Mentre i barcaioli calavano le reti in mare descrivendo con esse un grande arco, i terrazzani, giunti numerosi, attendevano il ritorno della grossa barca per tirarle cariche di ogni ben di Dio. Uno dei terrazzani ingannava il tempo passeggiando sulla spiaggia, fin tanto che, con suo grande stupore, trovò una grande tavola di legno dipinta, con l’immagine della Madre di Dio Odigitria. Fin dai tempi antichi la Madonna Odigitria era venerata in particolar modo dalla gente dedita alla vita del mare, della quale divenne la Patrona, la vera condottiera, la guida, nei pericolosi viaggi. Grande fu la felicità dei pescatori che in questo ritrovamento riconobbero subito una predilezione della Mamma Celeste. Superato il primo momento di meraviglia, si pose il problema di chi fosse il proprietario della meravigliosa Immagine. Le consuetudini volevano che qualsiasi cosa “pescata” la si dovesse vendere per poi dividerne il ricavato all’equipaggio, ciascuno secondo il proprio grado. La Madonna, però, così venerata ed amata, di certo non si poteva vendere: con quale cuore ci si poteva liberare di una così grande benedizione venuta dal Cielo? In modo che la Madonna fosse di tutti, si convenne così di donare l’icona alla chiesa cittadina, ove chiunque potesse recarsi per venerarla; l’equipaggio della sciabica era però composto da catanesi e lentinesi. Occorreva allora decidere se l’Icona dovesse andare a Catania o a Lentini. Probabilmente si decise di custodire l’Immagine presso la vicina Basilica cistercense del Murgo, che sebbene incompleta, poteva tuttavia offrire un minimo di riparo. Per evitare contese campanilistiche, che spesso sfociavano in episodi violenti, si cercò di rimettere questa decisione al giudizio di Dio. Una coppia di buoi indomiti fu legata ad un carretto e su di questo, in processione, fu deposta la sacra immagine. Lasciati liberi, i buoi, presero la via di Lentini. Il 24 Giugno del 1240, l’icona fu consegnata ai magistrati della città. La contesa si spostò quindi in seno alla città di Lentini ove, come gli scritti del tempo ci tramandano, per metterla al sicuro e preservarla “dalle rapaci invide mani”, l’icona fu conservata nel Castello che sorgeva sul monte Latina, oggi Tirone, da dove prese il titolo di Santa Maria Maggiore del Castello. Il senato cittadino stabilì nel giorno del 2 Luglio la festa dell’Icona. Solo in occasione della Festa e nei casi di gravità, in particolar modo nei periodi di siccità o del dilagare di epidemie, l’Icona veniva portata in processione dal castello alla città, previo giuramento del Senato di restituirla al castellano sotto la penale della fortissima somma di 5000 scudi.Il 30 giugno del 1665 venne effettuato il primo restauro documentato dell’immagine, in quanto questa risultava scurita e tarlata. Come ci informa un atto notarile rogato dal notaro Matteo Tomo di Lentini, l’immagine, a sua maggior gloria e per una migliore conservazione, fu coperta da una rizza d’oro. Alla base di questa immagine furono trovate delle scritte in alfabeto latino recanti la dedica “LUCAS AD LEONTINOS” (da San Luca ai lentinesi), testo per certo inserito subito dopo il trasporto della sacra Icona a Lentini, al fine di evitare ulteriori contese sulla proprietà della miracolosa immagine.Nel 1675, le truppe francesi occuparono Augusta e Melilli saccheggiandone le campagne. Si pensò subito di proteggere l’Icona con un nutrito presidio di soldati presso il Castello, ma i controlli di sicurezza e spesso i balzelli richiesti ingiustamente ai fedeli finirono per impedire una “decente venerazione” della sacra Immagine; fu quindi deciso, essendo venuta meno l’egemonia del castellano, di trasportare l’Icona nella chiesa di Santa Maria della Cava, ove fu deposta in una cappella a Lei dedicata in onorifico sacello, Deiparae dicato, magna veneratione asservatur, e ben presto arricchita di numerosi donativi.Grazie ai numerosi miracoli ottenuti per l’intercessione della Beata Vergine, la notorietà dell’immagine crebbe al punto tale da divenire patrona e titolare della Chiesa di Lentini. Per una maggior venerazione dell’Icona, il 20 Marzo 1683, con diploma del papa Innocenzo XI, fu costituito un sodalizio di laici sotto il nome di “Coeli Regina”: vi facevano parte i nobili della zona assieme ad illustri accademici e qualche religioso. Il devastante terremoto del 1693 vide l’immagine miracolosamente salva, mentre la chiesa ove era ospitata crollò quasi interamente. Fu così che l’Icona raggiunse la sua sede definitiva nella chiesa madre di Lentini dedicata a Sant’Alfio e da allora in poi anche a Santa Maria Maggiore del Castello. La compagnia “Coeli Regina” fu ripristinata sotto il nuovo nome di “Confraternita dei Bianchi” ed ebbe come missione l’assistenza ai condannati a morte, che a quel tempo erano numerosi, datosi che la città godeva del mero e misto imperio, cioè giudicava da sè sia in materia civile, sia penale.In epoca successiva la rizza d’oro seicentesca deve essere stata sostituita con quella d’argento, fino a qualche decennio fa ancora visibile sull’Icona.Per una curiosa ragione sul retro della tavola dell’icona era stata incollata anche una tela quattrocentesca, raffigurante la Madonna, Gesù Cristo e Dio Padre, come certifica Giovanni Nicolosi, che nel 1941 esegui un ulteriore restauro dell'Immagine.La festa della Madonna del Castello viene celebrata il 5 di Agosto di ogni anno.

NOVENA ALLA MADONNA DEL CASTELLO
Madunnuzza d'u Casteddu nostra granni Cumpatruna,
stu ritrattu è assai chiù beddudi lu suli e di la luna.

Santa Matri, a Diu chiamati sti figghiuzzi traviati. Diu Vi sarvi Maria

Pi Lintini l'ha pittau santu Luca gluriusu,
e lu Celu a nui l'ha datu c'un purtentu stripitusu. Santa Matri...

L'avi nostri, infirvurati quannu l'ebbiru 'n putiri
sému, dissiru, biati non putemu chiù piriri. Santa Matri...

Vi prigaru cu lu cori vi spingeru 'n riccu artaru,
e a la morti li tisori comu eredi vi lassaru. Santa Matri...

Gran Sigura, assai diversi semu nui di l'antinati;
cu cirtizza semu persi siddu Vui nn'abbannunati. Santa Matri...

Pochi fannu lu Precettu, manu ancora l'astinenza.
Nni la Cresia 'n c'eè rispettu di Diu stissu a la prisenza. Santa Matri...

Rivulgiti a nui mischini l'occhi, o Matri onnipotenti,
ricupriti Vui Lintini cu lu mantu rilucenti. Santa Matri...

Aiutatini, 'ni la vita, aiutatini a la morti,
dati all'arma già cuntrita di lu Celu la gran sorti. Santa Matri...

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